giovedì 28 ottobre 2010

Storia di streghe sannite

Il Beneventano è da secoli visto in correlazione alla leggenda delle streghe, danzanti nelle notti di luna piena intorno ad un noce maestoso che germogliava sia d’estate che d’inverno. “Unguento unguento, mandame a la noce de Benevento, supra acqua et supra vento, et supra ad omne maltempo!” Canti e figure di streghe caratterizzano ancora oggi i sogni di queste terre antichissime, visitare i paeselli dai vicoletti stretti e tortuosi con vecchie casette diroccate è sperimentare l’incantesimo di posti senza tempo, dove il passato è ancora presente. Il Beneventano è una terra mistica, da esplorare in silenzio, per lasciarsi catturare dall’eco di voci millenarie e dall’atmosfera di alchimie, che consentono al visitatore curioso e attento di vivere la sua segreta magia.
Nei paesini vivevano le streghe ‘janare’, a cui la superstizione attribuiva la capacità di guarire dal malocchio, dai disturbi di mente e dai malanni fisici, ma anche la capacità di mandare in malora i raccolti, di fare malefici e di preparare filtri d’amore. A quei tempi c’erano anche i licantropi, che nelle notti di plenilunio si svestivano, si rotolavano nel fango dei vicoletti e ululavano alle stelle.
Antica credenza era che le streghe si riunissero nelle notti di plenilunio intorno ad un noce secolare, per banchetti e ammucchiate erotiche, che volassero con scope e caproni in virtù di speciali unguenti, che alla luce del sole si trasfigurassero in serpi per attendere così le tenebre.
Convinzione radicata da secoli era che le streghe entrassero di notte nelle case, maleficando con la loro magia i componenti della famiglia. Per impedire quindi che entrassero, bisognava mettere dietro l’uscio di casa la scopa perché le streghe erano costrette a contarne i fili di saggina e sbagliando avrebbero ricominciato ogni volta daccapo, così la notte sarebbe passata, o un ferro d’asino cosicché era ugualmente impossibile che le streghe conoscessero quanti passi avesse dato l’animale con quel ferro e tra le incertezze sarebbe arrivato il primo chiarore del mattino, altri espedienti erano una falce spezzata o della crusca.
Se si riusciva a percuotere una strega si poteva stare al sicuro dai malefici per diverse generazioni, così avveniva che anche donne erroneamente considerate tali venivano picchiate.
A Baselice vi era una strega celeberrima, che incantava le messi rendendole sterili e rendeva storpi i bambini con i suoi malefici. Considerata un male da estirpare, venne picchiata e giustiziata in una grotta, venne fatta a pezzi buttati poi in tre pozzi diversi.
Sempre a Baselice vi era la scuola della stregoneria, probabilmente nelle tenebre di una delle grotte naturali, la frequentavano le donne che volevano iniziarsi a quest’arte. Alla magia delle streghe venivano attribuiti diversi malefici, per guarire dai quali si ci rivolgeva ad esse che con certi intrugli ne promettevano la guarigione, se questa vi era, di conseguenza vi era amore per le streghe, altrimenti odio per sempre.
La scuola di stregoneria aveva una figura carismatica, ‘Mariucc a rosc’, una donna coi capelli rossi, canuti e arruffati tenuti raccolti con una forcina d’argento, sulle spalle uno scialle colorato i cui estremi erano uniti al petto da uno spillone metallico dalle sembianze di serpente. Prediva l’avvenire e dialogava coi diavoli che considerava intimi confidenti. Si sedeva sempre su una sedia di paglia dinnanzi alla sua catapecchia e lavorava la lana con i ferri per intere giornate, viveva con i proventi che venivano da gente impaurita dalle sue fatue minacce di stregoneria. A volte si estasiava sulle rive del Fortore, si svestiva, gesticolava stranamente come a fare scongiuri e diavolerie, si immergeva nelle acque torbide del fiume, poi si rivestiva e attraversava gli incolti per raccogliere erbe misteriose. Negli ultimi momenti della sua vita volle al capezzale del letto una figura diabolica, mentre chiudeva per l’ultima volta gli occhi asserì di vedere intorno a sé tante fiamme.
Di credenze nei riguardi delle streghe sono animati anche gli altri paeselli del Beneventano.Ciò che caratterizzava la storia delle streghe nel Beneventano era la semplicità e la frugalità estrema che contraddistingueva la quotidianità dei paeselli, che si presentavano come posti fatiscenti e pieni di tranquillità. Cadenti e sgretolate catapecchie con viottoli infangati dominavano la scena, la povertà era ovunque, vi erano tradizioni e costumi radicati da secoli.

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